martedì 29 novembre 2011

Julio Anguita. Fin de la democracia

Entrevista en canal extremadura.

L'Italia fallirà e si tornerà alla lira

Un team di avvocati è al lavoro da mesi per studiare l'uscita dall'Euro. Bloccheranno i conti correnti per una settimana, servirà per tornare alla vecchia moneta. Il sistema Euro è crollato.

L'analisi dell'economista Loretta Napoleoni.



Fonte: www.cadoinpiedi.it

Le previsioni azzeccate di Benetazzo

Mentre a noi profani di dinamiche finanziarie, pare assolutamente incredibile che in poco meno di un mese possa essere cambiato il panorama politico ed economico italiano, l'analista finanziario Eugenio Benetazzo già il 9 ottobre aveva previsto, alla lettera, tutto quello che è poi successo puntualmente il mese successivo, cioè nel corrente mese di novembre. Non ci sono dubbi, questo ragazzo o è un genio o è un indovino!



Too Much: 7 Billion Day

Eugenio Benetazzo sulla crisi alimentare. (11/nov/2011)

lunedì 28 novembre 2011

Balie napoletane, bebe' cinesi


Nelle carrozzelle delle donne napoletane si vedono spesso bambini con gli occhi a mandorla. Sono cinesi di cui le balie si prendono cura. I figli dei nostri nuovi datori di lavoro. E' la dimostrazione che gli extracomunitari non tolgono lavoro agli italiani, ma lo portano. Ricordate "i lavori che gli italiani non vogliono più fare"? La piramide si è rovesciata. Ora ci sono "i lavori che gli extracomunitari non vogliono più fare". In futuro badanti venete assisteranno anziani cinesi a Pechino e i nostri giovani laureati faranno i portinai a Manila. Ci saranno respingimenti di barconi di italiani disperati dalla Turchia. La globalizzazione è una ruota. I primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi.

Fonte: beppegrillo.it

domenica 27 novembre 2011

Il caimano non molla!

Per Berlusconi il nemico sono sempre i comunisti, per la Lega all'opposizione, ora sono le banche...L'importante, insomma, è trovare un nemico!!

S'è tenuto stamattina a Verona un Convegno organizzato da Carlo Giovanardi per far emergere, forse ricucire, la perduta coesione tra le 2 principali componenti interne del Pdl: quella dei Popolari Liberali e quella dei Democratici Cristiani. Se tanto mi da tanto, mi sa che presto cambieranno di nuovo nome al partito!

Il Pdl, con l'immancabile, immarcescibile, manipolatoria presenza del Cavalier Berlusca e dei suoi soldi, evidentemente sta cercando una via per cavalcare l'attuale onda di movimento popolare, al fine di trarne un vantaggio elettorale. Per fare questo vedrete che il partito di Alfano non tarderà a cambiare nome per la quarta volta: chissa, forse si chiameranno Popolari Cristiani della Libertà o qualcosa di simile.

Berlusconi è un populista, ma non si può certo definire il Pdl un partito popolare! C'è una bella differenza. L'ex premier tenta di usurpare il nome di un movimento politico che ha una sua nobile storia, che in Italia parte da Luigi Sturzo e che non ha nulla a che vedere con l'amoralità del berlusconismo degli ultimi 17 anni.

Cosa centra, o come direbbe Di Pietro, che c'azzecca uno come lui, un miliardario opportunista che cura soltanto i propri interessi personali, con il movimento popolare europeo? E' l'ennessima furberia di un individuo egomaniaco senza speranza, l'ennesima mossa a fini elettorali di un caimano inguaribile che già pensa di ricandidarsi alle prossime elezioni del 2013, e con l'intento di vincerle! Non c'è proprio limite alla vergogna!

Insomma, ormai l'abbiamo capito, il nano non vuole proprio saperne di togliersi di mezzo dalla politica, non l'ha veramente mai voluto, a dispetto dei danni stratosferici che ha causato a questo paese!! Ma se gli italiani lo voteranno anche questa volta, allora vorrà dire che in Italia si sarà estinta ogni aspettativa di giustizia sociale, che non avranno funzionato le cure tecniche, nè le vie pacifiche e che si tratterà di scegliere solo tra 2 sole opzioni: il regime o la guerra civile.

Vorrà dire che molte persone oneste per quieto vivere emigreranno in massa dall'Italia prima che sia troppo tardi, iniziando così, forse per la prima volta nella nostra storia patria, una vera e propria diaspora di italiani per motivi politici, un'emigrazione ordinata di persone e beni. Non permettiamolo!

Già me li vedo: milioni di italiani che volano in Sudamerica o comunque verso paesi più accoglienti e meno razzisti del nostro, nella viva speranza che non nasca, nel frattempo, anche in questi una sorta di Lega Nord che discrimina gli stranieri!

L'Italia non sarà al sicuro finchè ci sarà in giro Berlusconi e quelli che la pensano come lui. Il suo populismo, la sua retorica manipolatoria è più pericolosa per il paese di un terremoto, un meteorite, un'alluvione e uno tsunami messi insieme. Lo so, è triste dirlo, ma è la dura e cruda realtà dei fatti. Comprare le persone per far dire o fare loro quello che si vuole è una delle cose più deleterie per la dignità umana, offende la verità ed è uno dei peggiori servigi che il potere possa fare allo sviluppo dell'uomo.

Qualsiasi cosa, sarà sempre meglio dell'autoinganno di Berlusconi, che s'è insinuato nelle nostre teste usando la leva dei nostri peggiori vizi italici, che è entrato nelle viscere di ognuno di noi come una droga attraverso la manipolazione mediatica. Qualsiasi, qualsiasi altra cosa, per quanto brutta che sia, la potremo sempre combattere uniti come popolo, con l'orgoglio di italiani che ci ha sempre contraddistinto, con la forza della giustizia e dei valori in cui crediamo, a viso aperto.

Berlusconi: "Continuerò a combattere"

27.11.2011 - Breve intervento a una convention del Pdl . Nessun accenno a Monti e alla crisi, ma clima da campagna elettorale: "Dobbiamo essere pronti, stiamo già creando i team". Attacco alla sinistra: "E' sempre la stessa, noi contro il comunismo".

giovedì 24 novembre 2011

Per amore del pane. L’uomo che salva i semi


IL PERSONAGGIO. Giuseppe Li Rosi è un siciliano che ha scommesso sul recupero e la semina delle antiche “accessioni” di germoplasma di grano duro dell’isola. Sfidando le multinazionali.
«Questo pane è il mio, è il mio pane chè l’ho fatto fare nel mio panificio. E so che cosa c’è in questo pane, conosco il seme del grano che ho seminato io, il lievito naturale che ho utilizzato io. E so che cosa c’è in questo pane, perché lo debbo dare anche ai miei bambini….».

E' sulla linea di confine fra cinema sociale, cinema di finzione e cinema etnografico, che si sviluppa fin dall’inizio il bellissimo documentario La chiave rubata della città del grano realizzato dai registi belgi Jean-Christophe Lamy e Paul-Jean Vranken. La camera fissa il protagonista del film, Giuseppe Li Rosi, agricoltore di Raddusa, che documenta la cultura e l’identità di un luogo, che guarda alla terra, alla sua terra, non come risorsa economica ma come un’entità unica che vive e si comporta come sistema autoregolato formato dai suoi componenti fisici, chimici biologici. Li Rosi è un siciliano che ha scommesso sul recupero e la semina delle antiche accessioni di germoplasma di grano duro dell’isola.


Come è nata l’idea di “La chiave rubata della città del grano”?
Il documentario è una denuncia e al tempo stesso una sfida alle multinazionali sementiere che con il loro sistema industriale e inquinante hanno distrutto i tre quarti della biodiversità agricola mondiale.
La produzione biologica non coincide con la necessità di prodotti pronti e veloci.
La catena distributiva, oltre ad avere omologato il cibo attraverso richieste di standardizzazione del prodotto, pressa il produttore affinchè questi applichi lo stesso concetto sulla natura: regolarla come fosse un motore meccanico! La smania di poterlo fare ha portato l’uomo a tentare di modificare le leggi della natura ed i tempi naturali della produzione.

Come parte la tua rivoluzione?
Ho iniziato circa dieci anni fa a seminare in biologico una prima popolazione di grano antico, la tumminìa, iniziando da pochi chili che la Stazione Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia di Caltagirone mi aveva affidato, gli anni a seguire ho introdotto altre popolazioni di grano come margherito, sicilia, tunisino, un tenero chiamato maiorca, il farru longu e oggi, avendo convertito anche l’altra azienda di famiglia in biologico, sono circa 100 gli ettari seminati ad ecotipi locali.
Parliamo di semi autoctoni che erano scomparsi.
Non lo erano ancora ma si trovavano sul punto di. Oggi per le quattro varietà che conservo e moltiplico c’è abbastanza sementi in giro per poter affermare che non corrono alcun rischio di estinzione. Insieme alla “conversione” ai grani antichi, ho voluto riprendere anche una mansione che spettava al contadino, ovvero produrre cibo anziché limitarmi a produrre solo materia prima. Ho aperto un panificio per produrre pane con lievito madre a pasta acida, produco farine per chi vuole farsi il pane, la pasta e la pizza in casa. Insomma non ho voluto solo salvare i semi dall’estinzione ma ho desiderato tanto invitarli a tavola.

29/04/11 - Fonte: Terranews
Vedi anche: Eliotroporosa e Climatrix

mercoledì 23 novembre 2011

Fukuoka e l’agricoltura del non-fare

Incontrai questo piccolo grande uomo la prima volta circa 25 anni fa in occasione di una suo viaggio in Europa per l'invito a un convegno sul biologico in Austria.

Masanobu Fukuoka è un microbiologo giapponese che sviluppò, già a partire dagli anni '40, un metodo definito "agricoltura naturale" o anche "agricoltura del non fare".
Ricordo che fui colpito molto dal fatto che in una visita ad alcune fattorie biologiche egli rispondesse alle domande degli agricoltori presenti, i quali chiedevano ragguagli tecnici, soprattutto con poesie, disegni, insegnamenti di vita...

Per M. Fukuoka infatti lo scopo vero dell'agricoltura non è far crescere i raccolti, ma la coltivazione e il perfezionamento degli esseri umani: una via di ricerca interiore.

Per Fukuoka bastano 1000mq a persona per arrivare all'autossufficienza alimentare, ma la cosa più importante è che la cura del proprio campo, armonizzandosi con i cicli della natura, nutre non solo il corpo, ma anche l'anima.
Fukuoka stava dicendo a quei contadini che, col suo metodo, potevano smettere di "faticare" e trovare il tempo per fare anche arte, poesia, crescere spiritualmente. Questa era per lui la cosa più importante da comunicare.

II principi rivoluzionari del metodo Fukuoka sono:

- non arare
- non diserbare
- non concimare
- non potare.

In tal modo egli riesce a coltivare sullo stesso appezzamento una grande varietà di piante e la fertilità del terreno aumenta stagione dopo stagione, ottenendo anche due raccolti nello stesso anno.

Con questo approccio, in 50 anni di effettivi e straordinari risultati, ha messo in serio dubbio tutte le certezze sia dell'agricoltura tradizionale che di quella scientifica.

Ad esempio egli ha dimostrato che l'effetto provocato dall'aratura è controproducente perché compatta il terreno e ne diminuisce la porosità rendendolo progressivamente sempre più duro.

Anche uno dei lavori tipici - più estenuante un tempo, quando si faceva a mano, e più inquinante oggi a causa dell'uso dei diserbanti chimici - del contadino è quello di rimuovere le cosiddette "erbacce". Tutti hanno sempre pensato che le piante infestanti danneggiassero i raccolti. Ebbene Fukuoka fa notare che:

1) in natura le piante vivono e crescono insieme;

2) le radici delle erbe penetrano a fondo nel terreno smuovendolo e facendo entrare aria;

3) quando le erbe concludono il loro ciclo vitale, forniscono l'humus che permette ai microrganismi della biosfera di svilupparsi arricchendo e fertilizzando il terreno.

Tutto avviene da sé, per l'appunto l'agricoltura del non fare.

Il testo più famoso di Masanobu Fukuoka, tradotto anche in lingua italiana, è La Rivoluzione del Filo di Paglia.

Parleremo ancora del suo metodo e delle applicazioni concrete, anche nel nostro paese, dei suoi insegnamenti.


13/06/11 - Fonte: Protonutrizione

Archeologo del cibo dà una nuova vita a semi e verdure quasi estinti

Gary Nabhan
di Richard Ruelas

Gary Nabhan ha scritto pile di documenti di ricerca sulla cultura, l’archeologia e il cibo per riviste accademiche, ed è autore di almeno una dozzina di libri, alcuni destinati al consumo popolare, altri di tipo accademico, tutti con sottotitoli più lunghi rispetto al titolo principale.
Il succo della sua corposa, densa ricerca è questo: la gente che ha vissuto qui migliaia di anni fa deve avere mangiato qualcosa.
Per ottenere il cibo, non andavano certo a comprarlo al supermercato. Coltivavano i loro alimenti e li coltivavano nelle terre aride del deserto.

Nabhan, che oggi ha 59 anni, ha dedicato il lavoro della sua vita a capire che cosa fossero quegli alimenti e, se possibile, per riportare in vita gli alimenti quasi estinti.
In tal modo, ha contribuito a stabilire una vera e propria lista “della spesa” degli alimenti autoctoni dell’Arizona: fagioli, noci, cereali, frutta, verdura e carni. Egli ha anche reso commestibile il suo lavoro accademico, stimolando i cuochi di casa e gli chef pluripremiati ad usare effettivamente questi reperti archeologici della culinaria.
"Non è come se stessimo custodendo a tutti i costi dei pezzi da museo", ha detto Nabhan, nella sua casa a nord della Patagonia. "Sono davvero buoni da gustare".
I rossi d’uovo della sua ricerca possono essere fatte in omelette - ripiene di pomodori “cimeli” Prescott e di cipolle I'itoi.

Il lavoro di Nabhan si basa su un'altra verità fondamentale del giardinaggio: i semi devono essere piantati, non è sufficiente conservarli. Essi perdono la propria efficacia dopo diversi anni. Occorre che qualcuno pianti il seme, si assicuri della sua crescita e sia presente per il raccolto - e la raccolta dei nuovi semi - per garantire che il ciclo si riproduca e continui.
Nabhan dice modestamente di se stesso che egli è semplicemente "un altro collegamento della catena" che si prolunga da migliaia di anni in questa parte di Arizona. Ma se non fosse per lui, un numero imprecisato di varietà di pomodoro, cipolla, fagioli e grano potrebbe essere scomparso dal pianeta per sempre. Nabhan, vincitore nel 1990 di una borsa MacArthur Foundation Genius, ha curato il suo giardino di lavoro per decenni. Ma gli ultimi anni hanno prodotto un raccolto fresco di risultati.
I movimenti biologici, che promuovono l’uso del cibo locale, che hanno fatto nascere nella società il fascino per la cucina e gli ingredienti a base regionale, hanno reso gli studi di Nabhan più popolari che mai e stanno spingendo cuochi e ristoranti a modificare le loro abitudini.
Chris Bianco, che ha aperto a Phoenix la Pizzeria Bianco ed è un premiato James Beard chef, sentito ha Nabhan parlare ad una conferenza presso " Meat and Wheat" nel mese di ottobre 2010 ed è stato ispirato a installare un mulino presso il suo ristorante Pane Bianco, sempre a Phoenix, in modo da poter fare la farina per la pasta direttamente dal grano Sonora, che Nabhan sta coltivando in un campo fuori Amado.
"Chef o altre persone potrebbero ottenere successo," Bianco ha detto, "ma niente di tutto ciò sarebbe possibile senza persone come Gary, che ci assicurano di avere con noi questi doni sino ad oggi."
Dopo aver letto un libro di Nabhan del 2001, "Coming Home to Eat", John Hall è stato ispirato a muoversi da Seattle e ha aperto il Canela Bistro a Sonoita, nel sud-est dell’Arizona, dove è cresciuto. Hall e il suo socio, Joy Vargo, si sono impegnati a usare ingredienti di provenienza locale quando hanno aperto il loro locale, nel 2005. Vargo ha detto che Nabhan ha insegnato a loro due a usare per frutta il fico d’india, come coltivare i fagioli mesquite e come fare la farina di yucca.
"I nativi americani si sono sviluppati scoprendo e inventando cose di questo tipo, mentre noi oggi diamo per scontate molte azioni che preludono all’elaborazione del cibo," ha detto Vargo.
Questo cibo del passato, Nabhan ha detto, deve far parte del nostro futuro, "perché ha un sapore così buono e cresce bene qui."
Nabhan aveva trascorso la giornata sulle praterie vicino a casa sua, in cerca di funghi.
Era un pomeriggio caldo e umido e, per rinfrescarsi, Nabhan ha fatto un frullato con un cetriolo libanese, di una varietà che ha la consistenza e il sapore di un melone dolce.
"Sembra proprio così rinfrescante e nutriente", ha detto, della miscela fangosa che comprendeva succhi di fico d'india e di lime. "Perché mai dovrei lasciar perdere?"
Nabhan non si sofferma tanto su come il pianeta abbia quasi perso tanti alimenti. Quelle risposte suonerebbero come prediche scontate. Le cause sono state: nascita di aziende industriali; il movimento della società nelle aree urbane, la meccanizzazione e l'omogeneizzazione dei prodotti alimentari.
Nabhan è più interessato a riportare questi alimenti nuovamente sul menù del ristorante e sui ripiani della cucina di casa - soprattutto in famiglie a basso reddito, sia negli Stati Uniti sia nel Messico, che potrebbero utilizzare la conoscenza per migliorare in ogni modo la loro disponibilità di cibo.
Questi saranno i punti focali del suo lavoro in corso con l'Università di Arizona. Nel mese di agosto, Nabhan è stato nominato presidente Kellogg nel Southwest Borderlands Food and Water Security. Ma il suo lavoro è solo una continuazione ed evoluzione di ciò che aveva iniziato nel 1983, quando ha co-fondato Native Seeds/SEARCH, alla ricerca di semi e storie.
"Io non sto facendo nulla di nuovo", ha detto. "Sto solo rinnovando una tradizione che era solo basata sul buon senso, per le persone comuni, in altri secoli".
Il suo giardino dispone di 40 alberi da frutta, 15 tipi di peperoncini, fichi, olive, carciofi, melanzane, gombo (okra), melograno e mele cotogne. Li ha piantati in diverse combinazioni e impostazioni, sperando di capire quali funzionano bene insieme. La maggior parte sono nativi dell’Arizona. Alcuni, come il cetriolo libanese, provengono da aree del Medio Oriente con climi simili a quello dell’Arizona.
Il cetriolo libanese è stato piantato sotto un albero di melograno, che la pianta della vite può usare come un traliccio.
Nabhan inoltre sta sperimentando la raccolta dell'acqua. Raccoglie il deflusso della pioggia dal suo tetto, inviandolo a una cisterna che alimenta un sistema di irrigazione a goccia. Usa anche vasche e diversi livelli di terrazzamento delle colture, che catturano lo scolo naturale l’una dopo l’altra.
Capire quali colture crescono in condizioni di siccità e, quando la pioggia cade, il modo migliore per raccoglierla, è importante se il profilo abituale del clima è caldo e asciutto, come in Arizona.
"Ci siamo presi il lusso di ignorare queste cose, quando le acque sotterranee erano abbondanti", ha detto Nabhan. "Ora abbiamo una sovrappopolazione e una gran concorrenza per l'acqua di cui abbiamo veramente bisogno, e sono nuovamente utili queste piante che crescono bene in regime di quasi siccità".
La soluzione del problema dovrebbe essere semplice, Nabhan dice, soprattutto perché la soluzione è così gustosa.
"Non mi sento di essere un missionario che converte la gente", ha detto Nabhan. "Sono le piante stesse che risultano convincenti."
Nabhan è cresciuto nella regione dei Grandi Laghi. Si ricorda feste in famiglia con la cucina libanese. Nei giardini e nei cortili crescevano quantità di verdure e spezie. "Il cibo era semplicemente fantastico," ricorda.
Nabhan ha abbandonato la scuola superiore, ma è stato in grado di iscriversi a un college di arti liberali, dove ha studiato botanica ed ecologia. Ha lavorato prima a Washington, DC, sede della Giornata della Terra nel 1970 e, negli anni successivi, si è trovato a testimoniare davanti al Congresso contro questioni come i brevetti aziendali su piante e colture geneticamente modificate.
E’ venuto in Arizona per frequentare il Prescott College, specializzato in studi ambientali, e ha favorito l'inizio di un giardino studentesco. I suoi studi lo hanno portato in tutto il mondo alla ricerca di testimonianze di cibi antichi, come i fagioli e le erbe selvatiche cresciuti nelle montagne dell'Arizona, nei dirupi del Messico e lungo le coste dell'India.
Ha concentrato le sue ricerche sul Tepary bean, un fagiolo che era stato importante per la vita dei nativi americani, ma era del tutto scomparso. C’erano pochi agricoltori nativi che ne mantenevano in corso la coltura, il fagiolo “pinto” è diventato onnipresente. Mentre curava la ricerca per la sua tesi di master, Nabhan ha trovato solo pochi coltivatori del fagiolo Tepary sulle terre tribali e un coltivatore commerciale superstite, in Coolidge.
Quell'uomo era pronto a rinunciare al proprio raccolto perché nessuno l'avrebbe acquistato.
Nabhan incontrò il coltivatore, il quale gli mostrò una stalla piena col raccolto di tre anni, circa 2000 sacchi da cinquanta chili, pieni di fagioli.
Nabhan, idealista di 26 anni, pensò che avrebbe potuto inserire di nuovo i fagioli nel mercato. Caricò il suo camioncino e guidò per tutta l’Arizona. Trovò acquirenti ben disposti, a partire dalle prenotazioni di quelle popolazioni che pensavano che quel tipo di fagioli fosse ormai introvabile.
Il fagiolo Tepary potrebbe trovare la sua strada nelle cucine di John Sharpe, riconosciuto chef James Beard che gestisce la Turquoise Room a Winslow, e di Janos Wilder, che dispone di un ristorante omonimo a Tucson. Sharpe utilizza il Tepary bianco, che ha un sapore dolce e pulito, nelle zuppe. Il fagiolo Tepary marrone, con il suo sapore di nocciola, va bene per cassoulet e brasati. Wilder ha detto che il Tepary marrone è interessante per fare "refritos", o fagioli fritti.
Il Tepary "è letteralmente ritornato dal rischio di estinzione nelle nostre vite," dice Nabhan, "e speriamo di fare lo stesso con altre cose, ma tutti hanno il proprio ritmo".
Nabhan ha iniziato a cercare di reintrodurre altre colture al mercato, per la gioia di chi lo circonda.
"Penso che i miei amici siano felici che io offra una diversificazione e non parli loro tutto il tempo di fagioli," ha detto.
Da allora ha introdotto, o rimpatriato, diverse varietà e dice che anche i loro nomi – La pesca Cling Sangue indiano, il grano Escondida blu e il fagiolo Sentiero Cherokee delle Lacrime - accennano alla loro ricca storia.
"Ci sono storie vissute, in quei nomi", ha detto. Si può ottenere le persone interessate. Vogliono mangiare cibi che trasmettono un senso del luogo, e della storia, così come il buon gusto. "La gente non si sceglie cosa mangiare in base al contenuto calorico", ha detto.
Nabhan è stato nutrito anche da storie narrate. Un pastore nella riserva Navajo gli ha raccontato che suo figlio gli ha chiesto se, dopo si era diplomato al college, poteva tornare e prendere il controllo del ranch di famiglia Churro dove si allevavano gli agnelli. Agnelli che erano venduti all’ingrosso per circa un dollaro al chilo, e ora si vendono a un prezzo di sei volte superiore, grazie a uno chef che apprezzato il sapore unico della sua carne magra.
"Avere un figlio che dice: 'Voglio essere un pastore e voglio andare a prendere un titolo di istruzione in modo da poterlo fare bene,' si tratta di un vero cambiamento", ha detto Nabhan. "Ora sono collegati al mercato alimentare globale. Non lo erano prima".
Nabhan camminava lungo un sentiero sporco sul fondo di una collina nei pressi della sua casa e fattoria. Afferrò manciate di una foglia verde che sembrava una pianta infestante e le mise in una borsa bianca. Era amaranto, una pianta che cresce spontaneamente in quella zona, soprattutto dopo le piogge monsoniche.

Storicamente, gli agricoltori mangiavano le foglie molto nutrienti di amaranto in attesa che le loro colture maturassero. Sembra che gli Aztechi masticassero semi di amaranto come si fa oggi con il popcorn o li mescolassero con sangue umano, raccolto durante i sacrifici rituali. I conquistadores spagnoli qualificarono questa pratica come pagana e vietarono l’uso della pianta, ha detto Nabhan. Ma persisteva nelle regioni montagnose del nord del Messico.
Nabhan ha trovato l’amaranto fuori Hermosillo, in Messico, per esempio. "Gli spagnoli non sono mai andati fino a là per raccontare loro che era vietato," ha detto. Dopo circa 20 minuti di raccolta - cercando le più grandi delle foglie dentellate - Nabhan ne aveva un recipiente pieno.
Aveva in mente di cucinarlo in una torta e servirlo nel corso di un incontro che avrebbe ospitato il giorno dopo per Cultivate Santa Cruz, un gruppo di agricoltori dell'area.
Ma voleva fare pratica e perfezionare la sua ricetta. Portò a casa la verdura, la lavò, la fece friggere in olio d'oliva e lasciò raffreddare. Cominciò a disporla su fogli di pasta fillo. Mise formaggio di capra locale tra gli strati, e fece cuocere fino a che non giunse a doratura.
"E 'come gli spinaci, ma meglio di qualsiasi tipo di spinaci che tu abbia mai assaggiato", dice. "Tanto più colore e sapore."
Di per sé, l'amaranto ha infatti il sapore degli spinaci più saporiti. Nella torta, era un po' perso nel formaggio di capra e nella pasta fillo.
Ma ogni boccone sembrava caldo e nutriente. Forse rimaneva il pensiero che ciò che veniva servito fosse stato appena tirato da steli che crescevano selvatici - piante che sarebbero state estirpate e buttate via, se avessero avuto il coraggio di apparire in un prato di gramigna nei sobborghi di Phoenix.


23/10/11 - Fonte:  Arizona Republic
Traduzione: Liutprand

Chi sono i seed savers (conservatori di sementi)?

Cocomero americano 'Moon & Stars', una varietà molto rara.

Silenziosamente, senza farsene un vanto, a proprie spese adottano e coltivano nei loro normali orti delle piante che altrimenti avrebbero rischiato la completa estinzione, conservandone i semi per ridistribuirli alle future generazioni: queste persone di genere un po' speciale sono chiamate con il nome di seed savers, salvatori di semi. Ma ciò che rende la loro azione degna di speciale considerazione è che non si stanno occupando di curiosità botaniche conosciute da pochi specialisti o di piante provenienti dalle mitiche foreste vergini. Il loro impegno è piuttosto rivolto a salvare dei vegetali molto più comuni e sotto gli occhi di tutti come patate, pomodori, peperoni, lattughe, cavoli, legumi, cereali e altri, usati dall'umanità come cibo. A rischio la biodiversità Se sia possibile che questi ortaggi possano rischiare l'estinzione non è certo in discussione e, senza dubbio, li continueremo a vedere sulle nostre tavole ancora a lungo. A rischiare invece di estinguersi per sempre è la biodiversità delle loro varietà, soprattutto di quelle più antiche e di quelle tradizionali dei popoli nativi che, assieme a quelle uscite dalla produzione e non più rimoltiplicate dalle ditte sementiere, senza i seed savers sarebbero condannate a scomparire.

I SEED SAVERS NEGLI USA

Sono migliaia le varietà di ortaggi recuperate e tenute in vita dai seed savers: oltre ventimila quelle salvate dall'associazione americana Seed Savers Exchange www.seedsavers.org, che opera dal 1975 e che, con oltre 8.000 soci, è sicuramente il gruppo più attivo e meglio strutturato del pianeta. Il loro annuario, un volume di 500 pagine in carta riciclata stampate con inchiostro di soia, permette ai soci di entrare in contatto fra di loro per scambiarsi i semi delle piante mantenute in vita e contiene rari tesori della genetica vegetale: oltre 5.000 varietà di pomodori, provenienti da tutto il mondo, di tutte le forme e toni di colore bianco, giallo, arancione, rosso e violetto; i mais multicolori, i fagioli e le zucche delle tribù native americane; 400 diversi tipi di meloni di cui la maggior parte antichi almeno di un secolo; 1.200 peperoni di cui una parte provenienti dalle culture amerinde precolombiane; e ancora 850 tipi diversi di lattughe, 900 di piselli, 135 di melanzane, 150 vecchie varietà di girasole, una collezione di 200 tipi di aglio e l'elenco sarebbe ancora molto lungo.


In una fattoria in legno costruita appositamente nello stato dello Iowa ha sede il loro quartier generale con i suoi uffici, la sua banca semi, una fornitissima biblioteca e, naturalmente, 12 orti conservativi coltivati con metodo organico dove ogni anno vengono moltiplicati in purezza i semi di almeno 2.000 varietà. Durante l'estate questo luogo diventa un parco aperto al pubblico per mostrare la biodiversità dal vivo. Sono migliaia i visitatori che possono accedere al percorso organizzato all'interno della fattoria e vedere oltre agli orti, il frutteto storico che conserva 700 diverse specie di mele del 1800 più 200 varietà di uva e il recinto dove sono ospitati alcune decine di capi di una razza di bovini bianchi, estremamente rara e antica, chiamata White Park. Sempre in estate vengono organizzati dei corsi per i seed savers che vogliono imparare le tecniche di coltivazione biologica e di conservazione dei semi e anche dei momenti di convivialità, con musica e danze popolari.
Seed Savers Exchange, pur essendo un'associazione non lucrativa, riesce ad autofinanziarsi pienamente grazie alle quote associative e alle sue attività. A causa invece della dipendenza dai finanziamenti pubblici, le banche semi istituzionali rischiano spesso di disperdere il loro patrimonio genetico conservato nei frigoriferi, minacciate come sono dai tagli alla spesa operati dagli stati impegnati a risanare i loro deficit sempre in aumento. Seed Savers Exchange invece potrà conservare in vita i suoi preziosi e antichi ortaggi a tempo indefinito grazie alla rete di membri che sono coinvolti in questa operazione di salvataggio genetico della biodiversità. Ognuno di essi adotta almeno una pianta e con una piccola quota associativa, che gli dà diritto a ricevere il catalogo e altre due pubblicazioni semestrali, rende possibile il futuro all'associazione.

IL SEED SAVERS' NETWORK IN AUSTRALIA

Sulla scia dell'esempio dato da questo movimento spontaneo altri ne sono sorti altrove. È il caso di Seed Savers' Network www.seedsavers.net, il progetto nato in Australia, che cura la collezione e la conservazione dei semi della cultura indigena e degli ortaggi importati nel continente dagli emigranti. È stupefacente infatti scoprire quante antiche varietà italiane sono state recuperate presso quelle famiglie che per generazioni hanno continuato a coltivare gli ortaggi dei loro avi emigranti e che oggi sono offerte nelle newsletters dell'associazione, quando in Italia di molte di queste non si trova più traccia. Ma degno di ammirazione è soprattutto lo sforzo compiuto da questa organizzazione nel conservare e ridistribuire alle popolazioni native i semi dei cibi della loro cultura. Un tempo misconosciuti o disprezzati dagli europei e abbandonati dagli indigeni a favore di quelli importati dai colonizzatori, grazie al progetto Hands-on-Seeds, questi cibi sono tornati di moda e sono entrati nei menù dei ristoranti, similmente a ciò che è successo in Italia per il farro, e negli orti di oltre 1.500 scuole di base affinché le generazioni più giovani degli indigeni possano ritornare a coltivarli per il proprio sostentamento e per un mercato in espansione. Questa organizzazione cura anche una banca semi che conserva 5.500 varietà, un sito internet e un circuito di scambio semi fra i seed savers associati.

LA SITUAZIONE IN EUROPA

Anche in Europa esiste una nutrita presenza di gruppi nazionali di seed savers: abbiamo i guardiani dei semi del Henry Doubleday Research Association nel Regno Unito, Arche Noah in Austria, il gruppo VEN in Germania, CEIDER in Spagna, SAVE in Svizzera che si occupa anche di conservazione animale, Sesam per i semi dei paesi Scandinavi, Court of Eden che opera per i Paesi Bassi e, infine, l'associazione dei Seed Savers irlandesi molto impegnata anche sul fronte delle vecchie varietà di alberi da frutto, senza citarle tutte.

I SEED SAVERS IN ITALIA

In Italia è presente Civiltà Contadina, un'associazione dedita a progetti di recupero della cultura rurale che ha deciso di dedicare risorse ed energie a progetti di salvaguardia di ciò che rimane della biodiversità del patrimonio di ortaggi e alberi da frutto italiani.
Sono infatti molte le varietà che si sono estinte sotto la pressione del fenomeno dell'erosione genetica. Ecco alcuni esempi: delle 25 varietà di cocomero italiane coltivate all'inizio del secolo ne rimane in vita una sola, il moscadello a pasta gialla, i cui semi sono conservati nei frigoriferi dell'orto botanico di Lucca. Le altre si sono del tutto completamente perse, sostituite con quelle di provenienza americana. Che sapore aveva il cocomero detto la romagnola, molto stimato nei cataloghi di sementi del periodo anteguerra? Non lo sapremo mai. Sono invece 33 le varietà italiane di broccolo scomparse senza essere state sottoposte ad alcuna forma di conservazione: che fine hanno fatto il broccolo nero di Sicilia o quello chiamato lingua di passero, solo per citarne un paio? E che dire delle 400 varietà di frumento coltivate in Italia all'inizio del secolo ed ora completamente sostituite da circa un centinaio di moderne varietà? Quante di quelle antiche sono ancora rintracciabili nei tabulati delle banche del germoplasma? E che fine ha fatto la varietà di pomodoro chiamata Re Umberto, conosciuto in Italia e all'estero fin dalla seconda metà del secolo scorso, venduto fino agli anni '60 in molti cataloghi ed ora scomparso senza lasciare traccia? Eppure da un libro dell'epoca venne definito come uno straordinario produttore di pomodori di colore rosso scarlatto dalla forma di uovo.
 

MA DOVE SONO I SEMI ANTICHI?

Spesso i migliori ritrovamenti avvengono negli orti di anziani che non hanno mai voluto comprare le sementi offerte dai negozi nelle bustine di alluminio e che continuano ancora a coltivare quelle degli avi. Alle volte lo fanno per alimentare un caro ricordo, ma più spesso perché riconoscono che il gusto e la resistenza alle avversità e alle malattie di questi antichi ortaggi è superiore che nelle varietà moderne. Ma poi c'è anche il motivo della tradizione gastronomica popolare locale che necessità di ingredienti speciali i cui semi nessuna ditta sementiera inserirà mai nel proprio catalogo per lo scarso interesse commerciale che rivestono, come per la carota nera di Viterbo.

CERCASI SEED SAVERS IN ITALIA

Purtroppo la sopravvivenza di queste rare varietà del passato, preziose perché frutto della sapiente selezione genetica operata nel corso di intere generazioni di
agricoltori, è strettamente dipendente dalla vita di chi le sta ancora coltivando. Ma che succederà quando l'anziano agricoltore sarà costretto dall'età a lasciare il suo orto? Chi rileverà questa eredità?
Per questo motivo è indispensabile che anche qui in Italia inizino ad operare dei seed savers per cercare e salvare le numerose varietà locali che lentamente cedono il passo alle mostruosità biotecnologiche delle piante manipolate geneticamente solo per alimentare di ricchi proventi finanziari le multinazionali dell'agrochimica che già controllano il mercato mondiale delle sementi. Se non resteranno più semi antichi saremo costretti a mangiare cibi prodotti da semi manipolati, brevettati e che pagano royalties ai loro inventori. Mentre sto per finire di scrivere il mio pensiero va al seme di un antico ortaggio chiuso forse in un barattolo o in un cassetto. È arrivato fino alle soglie del duemila passando di mano in mano per infinite persone, acquisendo dei caratteri genetici che lo rendono unico ma sta perdendo lentamente la sua vitalità desiderando tornare nella terra. Sta aspettando che lo trovi un seed saver, prima di perdersi nell'oblio del nulla. Per sempre.

Alberto Olivucci
Presidente di Civiltà Contadina


27/05/11 - Fonte:  Civilta Contadina

Non diamo ai popoli le colpe dei loro governanti!

Un altra Europa è possibile?
Intanto che gli economisti di questo governo fanno il loro lavoro, che è quello di riportare l'Italia fuori dal pantano, cari leghisti, perchè non possiamo parlare anche di cittadinanza, immigrazione, civiltà, diritti negati... in poche parole, del mondo come dovrebbe essere e che vorremmo?

I politici parlano spesso di italiani, francesi, tedeschi, anche quando si riferiscono al comportamento di una sola persona, che è di solito quella che li rappresenta per il fatto d'essere stata eletta. Ma chi dice che i popoli corrispondono ai loro governanti? Se così fosse saremmo davvero nei guai e non ci sarebbe in giro tanta indignazione. No, per fortuna non è così.

Ricordate i recenti sorrisini di Sarkosy e Merkel rivolti a Berlusconi? Ebbene, i signori leghisti devono essersela legata al dito, a giudicare dalle loro continue polemiche contro i francesi (e non contro la Francia come entità politica!). Ma cosa centrano i francesi con quello che fa o dice Sarkosy? E' come se il mondo avesse identificato gli italiani in toto con Berlusconi. Niente di meno vero, lo hanno dimostrato chiaramente quei milioni di italiani che hanno opposto una strenua resistenza alla deriva morale e culturale rappresentata dal berlusconismo e che poi hanno brindato simbolicamente alle dimissioni del cavaliere.

Basta con questa retorica semplicistica. Mi rivolgo soprattutto ai politici leghisti: finitela di fare d'ogni erba un fascio, come si fa al bar quando si vuole alimentare la baruffa! Attenzione, perchè anche chi vi ascolta dagli schermi televisivi d'oltralpe potrebbe pensare che gli italiani sono tutti come voi, cioè di bassa levatura intellettiva!

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Sembra incredibile!

Sembra davvero incredibile eppure ancora oggi ci permettiamo di assimilare interi popoli ai propri governanti.

Sembra assurdo ma nonostante le decine di migliaia di conflitti DECISI da imperatori, papi, conquistatori, presidenti, generali militari (per la necessità di accumulare denaro o per interessi strategici) non siamo ancora tutti (l'umanità intera, governanti compresi) concordi sulla grave colpa di cui i  principi umani si sono macchiati.
E non è tanto una questione di "peccato originale" poiché fortunatamente non siamo tutte e tutti uguali dunque non ugualmente votate/i alla discriminazione e all'individualismo (nazionalismo) grazie alla differente cultura, personalità, sensibilità, genere.
Si, genere, in quanto indubbiamente la donna è certamente meno "colpevole" almeno storicamente dell'uomo (il mondo è stato e continua ad essere sotto l'egida maschile) e poi di default, per una pura e semplice questione “strutturale” (propensione generale a donare e/o a mantenere la vita, all'amministrazione e alla giusta ripartizione dei beni, alla preservazione di armonie individuali o collettive, incapacità di trasformare in violenza il proprio impulso sessuale represso); e quando ciò non si verifica è attribuibile ad una sorta di “emulazione maschile”.
Dunque se di "peccato originale" non si tratta quello del riconoscimento èda parte dei rei è senza dubbio il primo passo necessario per una vera evoluzione, un'autocritica umana a 360 gradi, che si concretizza nell'autocritica maschile (nei confronti delle donne) o in quella degli adulti (solitamente di sesso maschile nei confronti dei/lle bambini/e) o in quella dei governanti tutti, laici e non (nei confronti del popolo ai danni del quale sono stati commessi tutti i possibili peggiori crimini e atrocità).
Solo un'ammissione di responsabilità può costituire la perentoria affermazione delle differenze e la spinta propulsiva a voler fare diversamente, ad intraprendere una nuova strada, senza il rischio di ri-incappare negli errori già commessi.
Del resto se questo fosse reale ci sarebbe dovuto essere un cambio di guardia al comando, cosa che tuttavia non è accaduto.
(vi immaginate gheddafi o il successore di putin o un signore della guerra africano che abdica in favore di una donna?)
La cosa davvero sconcertante è che tutto questo non richiederebbe ne sperpero di denaro ne alcun tipo di sforzo, se non quello dell'interesse nei confronti non solo dei propri cittadini ma di ogni individuo umano : un puro atto di amore disinteressato, ossia nient'altro che non sia già prescritto nei tanto cari testi sacri.
Sembra irreale leggere o assistere a dibattiti in cui si assumono posizioni nette e decisamente contrarie a quelle del proprio avversario quando si legge di morti, di guerra, di stragi, di mutilazioni, di stupri.

Sembra grottesco che qualcuno possa preoccuparsi per coloro che esplodono in aria poiché un gruppetto sparuto lo ha organizzato e cancella dal proprio immaginario le morti dovute al fosforo bianco, ai bombardamenti militari, ordinati da un altro sparuto gruppetto concorrente; come si può essere solidali con un bambino che muore o viene mutilato solo perché israeliano o palestinese?

Sembra folle ancora giustificare stragi di persone innocenti o quantomeno non ritenere che ciò non sia sufficiente per schierarsi contro tutti coloro che in un modo o nell'altro le rendono possibili quotidianamente.

Sembra allucinante tuttavia non riusciamo ancora tutte e tutti a giudicare un essere umano (maschio) che meccanicamente (perché glielo ordinano) esegue una carneficina o un altro (sempre maschio!) che la ordina se ciò avviene in un'ottica di guerra che continuiamo ad accettare come parte integrante delle nostre vite...anzi di quelle degli altri!

Sembra anacronistico ma abbiamo ancora l"immaturità" di lasciar correre, di dimenticare o di far finta di niente e chi invece sembra farsene carico lo fa in maniera faziosa, schierandosi da una parte o dall'altra, adducendo motivazioni tra le più variopinte (che spesso legittimano la trasformazione della vittima in carnefice); ciò nella migliore delle ipotesi, alternativamente si tratta unicamente dell'ennesima affermazione del proprio Io e niente più.
E così si perde di vista l'importante, l'essenziale, ciò che fa indignare e per cui val bene la pena di impiegare risorse : l'ingiustizia, la discriminazione, la violenza, la privazione di libertà.
E in virtù di un rispetto, su cui avrebbe fatto un gran film quel genio di Chaplin, che è pura demagogia, pura formalità, finzione o asservimento, ci permettiamo anche il lusso di riconoscimenti dell'autorità, pensando di non dover (o poter) interferire nelle questioni degli altri, credendo che "gli altri" siano quei 4 carnefici, fanatici, egoisti, che tutto fanno tranne pensare davvero di risolvere dispute decennali in cui a rimetterci sono quelli che non decidono proprio un bel niente e che vorrebbero solo che qualcun altro (chiunque altro!) li aiutasse a vivere finalmente in pace e in libertà.
Ma anche tutto ciò, del resto, è strategia politica nazionalista (individualista) : un despota è despota se si oppone ad alleanze, se non favorisce l'establishment di turno o se non ha abbastanza risorse per potersi opporre; un despota è responsabile di morti quando costituisce un impedimento alla realizzazione dei propri affari e deve essere spodestato, smette di esserlo quando invece dimostra di possedere quella minima dose di diplomazia o "disponibilità" necessaria ad assicuragli l'appoggio degli altri principi.

Sembra incredibile eppure è la realtà.


Pubblicato da gyordie -  Fonte

lunedì 21 novembre 2011

Como funciona la ley electoral española, la ley D´hont

Si tienes dudas de como contabiliza la abstención, el voto nulo o el blanco, o en definitiva de como funciona la ley electoral, mira este vídeo.

Al nuovo Ministro dell'Interno del governo Monti, Prof.ssa Anna Maria Cancellieri


Al Ministro dell'Interno, Anna Maria Cancellieri,
Al Ministro per la Cooperazione Internazionale, Andrea Riccardi
Al Ministro del Lavoro, Elsa Fornero

in un periodo di crisi epocale e carenza di lavoro come quella che stiamo vivendo, subordinare la concessione del PdS al reddito da lavoro, anche se minimo, è una cosa assolutamente assurda e profondamente iniqua!

Dev'essere rivista, e al più presto, la normativa sull'immigrazione e, in particolare, i requisiti sui permessi di soggiorno di lunga durata!

Non si faccia diventare chi perde il lavoro un clandestino fuorilegge, ma si guardi, come unico requisito, da quanto tempo la persona risiede legalmente, e senza creare problemi, sul territorio italiano! Penso che 5 anni bastino, se uno si è sempre comportato bene, per farne, agli occhi dello Stato italiano, una persona con un minimo di diritti, degna di ottenere, non dico un lavoro garantito dallo Stato, ma quantomeno un permesso di soggiorno di un anno in attesa di trovarne uno.

Quindi un permesso di soggiorno, diciamo, 'sulla fiducia'. Ma una fiducia che non si riferisce tanto alla persona, quanto alla speranza di trovare finalmente uno straccio di lavoro non troppo distante da dove si risiede, avendo un minimo di garanzia da parte dello Stato e delle Istituzioni locali, quindi dei Centri per l'impiego, di trovare un'occupazione anche nel caso in cui si abbia la sfortuna di abitare in zone economicamente depresse dell'Italia, come ad esempio la bassa padana o il sud!

Con rispetto,
Il titolare di questo blog

Morire d'asma in cella per un banale, schifoso permesso di soggiorno scaduto! Questa è l'Italia!

La sequenza tragica degli eventi: un immigrato senegalese, con alle spalle 20 anni di lavoro in Italia, perde il posto, non ne trova un altro, gli scade il 'fottuto' permesso di soggiorno, finisce in una cella dei C.C. e lì ci muore d'asma. Era l'11 dicembre del 2010. Cosa è stato fatto nel frattempo dai nostri legislatori per evitare che succedano di nuovo episodi del genere? Assolutamente nulla. Maledetti assassini, ma quando comincerete a vergognarvi e a fare finalmente qualcosa per cambiare l'attuale merdosa legge Bossi-Fini sul'immigrazione?!!

Notare nel video che il carabiniere apre la porta della cella e poi se ne va. Che grado di insensibilità o di specifica incompetenza ci vuole per non capire le condizioni disperate in cui versa una persona in pericolo di vita? Perchè l'agente non l'ha condotto fuori, nel cortile interno, per farlo respirare un attimo? Perchè non ha chiamato subito aiuto? Non dovrebbe avere sempre con sè una radio o un cellulare per avvisare i colleghi? Perchè la burocrazia, la gerarchia, l'ordine precostituito non possono essere messi in pausa per un attimo di fronte ad un immediato pericolo di vita? Sta di fatto che Saidou è morto per un permesso di soggiorno scaduto, quelli che vediamo nel video sono i suoi ultimi istanti di vita. Il clandestino senegalese morirà dopo 8 minuti di dolorosa agonia, senza alcun soccorso. 



"Ecco come hanno lasciato morire Saidou". In video l'agonia in caserma del senegalese
L'uomo venne ucciso da un attacco d'asma: "Nessuno lo ha soccorso". L'avvocato chiede di riaprire le indagini.

BRESCIA - Grida per chiedere aiuto, picchia le mani contro la porta della cella, disperato. Le dita che escono dallo spioncino. Quando il carabiniere lo fa uscire, inizia una lenta, atroce agonia: 8 minuti durante i quali l'uomo è paralizzato dal dolore, il respiro spezzato, lo sguardo moribondo. E nessun militare interviene. Lo lasciano lì, da solo, con la morte che lo sta strappando via dalla porta di ferro alla quale si aggrappa mentre a fatica si toglie i vestiti e tira fuori lo spray dalla tasca dei pantaloni, in un ultimo, inutile, tentativo di riuscire a respirare. Poi si accascia a terra, e muore.
Sono gli ultimi minuti di Saidou Gadiaga, 37 anni, senegalese, morto dopo un attacco di asma in una cella della caserma Masotti, sede del comando provinciale dei carabinieri di Brescia. È la mattina del 12 dicembre 2010. Quella sequenza di morte - sulla quale un magistrato ha indagato per un anno e poi chiesto l'archiviazione del caso - è contenuta in un video di cui Repubblica è entrata in possesso.

Le immagini, registrate da una telecamera puntata sull'atrio antistante le due camere di sicurezza, non mostrano solamente il calvario di un uomo che soffriva d'asma e che è stato abbandonato a se stesso: assieme a nuovi elementi - forse sottovalutati -, riapre, di fatto, una vicenda che da subito era sembrata controversa. A tal punto da attivare il console senegalese a Milano e interessare i vertici dello Stato africano. Raccontiamola.

È l'11 dicembre. Gadiaga viene arrestato dai carabinieri perché sprovvisto del permesso di soggiorno e già raggiunto da provvedimento di espulsione. Se lo avessero fermato tredici giorni dopo - quando anche l'Italia recepisce la normativa europea sui rimpatri che annulla il reato di inottemperanza al provvedimento di espulsione - le manette non sarebbero scattate. Ma tant'è. Su indicazione dello stesso pm Francesco Piantoni, l'immigrato non viene rinchiuso in carcere ma nella caserma di piazza Tebaldo Brusato.

Gadiaga è un paziente asmatico. I carabinieri lo sanno perché ha subito mostrato il certificato medico. Alle prime ore del mattino il senegalese ha una crisi. Lo conferma un testimone, Andrei Stabinger, bielorusso detenuto nella cella accanto. "Sono stato svegliato dal detenuto che picchiava contro la porta e chiedeva aiuto gridando. Aveva una voce come se gli mancasse il respiro. Dopo un po' di tempo ho sentito che qualcuno apriva la porta della cella e lo straniero, uscito fuori, credo sia caduto a terra".

Quanto tempo è trascorso tra la richiesta di aiuto e l'intervento del militare? "Penso 15-20 minuti - fa mettere a verbale il testimone - durante i quali l'uomo continuava a gridare e a picchiare le mani contro la porta". Il video fissa la scena e i tempi. Da quando si vedono le dita di Gadiaga sporgere dallo spioncino (sono le 7.44, l'uomo sta chiedendo aiuto già da parecchi minuti) all'arrivo del carabiniere, passano due minuti e 35 secondi. Gadiaga, uscito finalmente dalla cella, cade a terra alle 7.52: otto minuti dopo essersi sporto dalla camera. Altri 120 secondi e arrivano i medici del 118. Gadiaga è già privo di conoscenza, per lui non c'è più niente da fare.

L'autopsia conferma che la morte è avvenuta a causa di "un gravissimo episodio di insufficienza respiratoria comparso in soggetto asmatico". E attesta, inoltre, che l'uomo "era clinicamente deceduto già all'arrivo dell'autoambulanza". La versione dei carabinieri disegna un quadro un po' diverso. Nella relazione di servizio inviata alla Procura, e in altre comunicazioni al consolato senegalese, i militari collocano il decesso di Gadiaga in ospedale, parlano di un aneurisma, escludono ritardi e carenze nei soccorsi.

Il maresciallo che apre la porta all'immigrato viene addirittura premiato dal comandante provinciale dell'Arma. Che dice: "In un video che abbiamo consegnato alla Procura c'è la conferma della nostra umanità". Il video, però, racconta altro. Quando esce dalla cella Gadiaga, in evidente stato confusionale, viene lasciato solo. I militari fanno notare che l'ultima uscita dalla cella - per fare pipì - dell'immigrato, risale a otto minuti prima della crisi: "Stava bene".

In realtà l'orario delle immagini fissa quell'uscita 26 minuti prima: non otto. La testimonianza dell'altro detenuto fa il resto. "Perché i carabinieri hanno detto che Gadiaga è morto in ospedale e non in cella?", ragiona l'avvocato Manlio Vicini. E perché - di fronte a tanti punti oscuri - il pm ha chiesto l'archiviazione del caso? "Chiediamo nuove indagini, da subito", aggiunge. Il consolato del Senegal, da parte sua, promette che andrà fino in fondo per chiedere che sia fatta chiarezza.

domenica 20 novembre 2011

Non-violenza, regola fondamentale del movimento Ows


Le rivoluzioni cambiano. Gli indignati del movimento Ows dicono: "Più cerchiamo di essere pacifici, più la Polizia diventa violenta". Qualcuno potrebbe allora essere giustificato a rispondere alla violenza con altra violenza? Neanche per sogno, loro non ci cascano, sanno che è importante resistere a questa tentazione osservando la regola del pacifismo, che è proprio quella che dà loro più forza e dignità ogni giorno che passa.

E infatti -sarà anche questo un miracolo dei nostri giorni- per una volta sono d'accordo con Saviano quando dice, in sostanza, che gli Indignati hanno ottenuto e stanno ottenendo ovunque più successo con la consapevolezza, il dibattito, l'unità, la determinazione che con qualunque altra strategia bellicosa, anche se non certo senza pagarne un prezzo. Le immagini vergognose di questi giorni da Portland, California, ne sono una testimonianza evidente: agenti del PD che spruzzano spray urticante al peperoncino contro attivisti di Ows, inermi studenti che manifestavano pacificamente e che all'ordine di sgombero avevano risposto semplicemente inscenando un sit-in.

Ma sono proprio episodi come questo che fanno salire l'indignazione, la loro eco rimbalza in tutto il mondo mettendo in luce la non legittimità del potere e dei suoi metodi, come registrano le immagini di questi atti violentemente repressivi della Polizia, il braccio armato di un Potere che ormai ha paura, che dovrebbe farsi forza della legalità e che invece la calpesta, che dovrebbe essere garante della convivenza pacifica e che viceversa si sporca le mani con una risposta ingiustificata e sproporzionata all'atto. Sono immagini queste che imbarazzano l'establishment, rimbalzando in tempo reale in ogni parte del mondo attraverso i moderni mezzi di comunicazione di massa, suscitando sempre la stessa reazione di sdegno.

E' la forza dell'indignazione un'onda calma ma inarrestabile, che travolge tutto e tutti, una cosa strana, miracolosa, che prende il cuore e la mente di tutte le persone di buon senso, una cosa intangibile e difficile da definire, perchè situata a metà tra la testa e il cuore, non solo pensiero e neanche solo sentimento, ma entrambi insieme. E i miopi governanti che conoscono solo l'uso della forza, stanno colpevolmente e pericolosamente (per loro) sottovalutando questo grande potere della gente quando raggiunge la consapevolezza. El pueblo unido jamas sera vencido! Viva la rivoluzione globale!

venerdì 18 novembre 2011

Giustino di Celmo: hasta esta ciudad ha llegado casi la mitad del planeta

Declaraciones de Giustino di Celmo, padre de Fabio di Celmo, joven víctima de acto terrorista contra Cuba.
"Yo vengo con mucho entusiasmo, porque es un granito de arena que ponemos todos en este gran problema de la humanidad: la guerra, las masacres, el terrorismo, la mentira", expresó Giustino al referirse a la importancia del VII Coloquio por la Libertad de Los Cinco y la lucha contra el Terrorismo.

Bersani: dichiarazione di voto finale sulla fiducia al governo Monti (18/11/2011)

" [...] Senza solidarieta' non c'e' senso della comunita' e non possiamo salvarci". "Serve uno sforzo collettivo: chi ha di piu' deve dare di piu'. Chi e' stato disturbato meno deve essere disturbato di piu'. "



Il discorso:
"Abbiamo apprezzato e in larghisissima parte condiviso il discorso del presidente del Consiglio, ne abbiamo veramente apprezzato lo stile. Voteremo la fiducia senza giri di parole, asticelle, paletti, termini temporali". "Difenderemo il governo da chiunque voglia scaricare su di lui colpe che non ha". Lo ha spiegato Pier Luigi Bersani, nel suo intervento in aula. "Se fosse cosi', non stiamo zitti, perche' siamo qui da tre anni - ha aggiunto il leader del Pd rivolgendosi al capogruppo della Lega Marco Reguzzoni -. Vi abbiamo visto all'opera negli ultimi 8 anni su 10, conosciamo la colla dei manifesti". "Noi non pretenderemo di dettarvi il compito e neanche ci aspettiamo che facciate tutto quello che faremmo noi. Vi sosterremo lealemente ma con l'orgoglio delle nostre idee e proposte" di cui "vi chiediamo di tener conto". Lo dice Pier Luigi Bersani alla Camera. "Lei non ha avuto timidezze, presidente. Ci fa piacere, e come non ne ha avuto sulle pensioni siamo sicuri che non ne avra' neppure per nominare i grandi patrimoni immobiliari". "Solo dieci giorni fa si e' chiuso in Parlamento una fase. E ora siamo in un altro universo. Lo dico per tutti, sentendomi solidale con tutto il parlamento. Non so in quali altri posti al mondo in analoghe condizioni sarebbe stato possibile in dieci giorni un fatto di questo genere. Questo significa che alla fine siamo italiani e siamo ancora in condizione di stupire, solo se abbiamo fiducia in noi stessi". "Basta con l'egoismo sociale. Se le rimanesse un solo euro in tasca, per cortesia, lo spenda per un servizio per i disabili. Senza solidarieta' non c'e' senso della comunita' e non possiamo salvarci". "Serve uno sforzo collettivo: chi ha di piu' deve dare di piu'. Chi e' stato disturbato meno deve essere disturbato di piu'", ha aggiunto il leader del Pd.

Prima salviamo l'Italia dal fallimento e poi cambiamo il sistema

Il Prof. Mario Monti,
nuovo Premier italiano.

Mentre il governo Monti fa il suo lavoro e il suo dovere cercando di salvare l'Italia dall'attacco dei mercati e quindi dal fallimento, perchè non cominciamo a pensare come cambiare radicalmente il sistema? Il debito pubblico lo devono pagare i miliardari come Berlusconi, quelli che si sono arricchiti grazie a questo sistema capitalistico-finanziario-politico iniquo, quel 10% che in Italia detiene il 60% della ricchezza, non il 90% dei cittadini, composto principalmente da lavoratori precari, studenti, pensionati, disoccupati, casalinghe, ecc.

Intanto la ex-maggioranza berlusconiana, che è caduta dalle stelle alle stalle nel giro di soli 10 giorni, ora appoggia il governo Monti con palesi fini elettoralistici. Eppure non hanno perso del tutto la loro spocchia, si nota ancora la loro superbia, non perdendo occasione per sottolineare e decantare il loro gran senso di responsabilità in questa fase! E invece dovrebbero solo darsi delle gran scudisciate nel didietro, per come hanno ridotto questo paese col perdurare irresponsabile del loro atteggiamento sordo, litigioso e arrogante!

Cari mega-ricchi, che rappresentate un misero 1% del pianeta, mi rivolgo a voi che siete al sicuro in dimore di lusso e club esclusivi, a voi e ai servi vostri, quei politici opportunisti e qualche volta colpevolmente  inconsapevoli che amplificano la vostra voce e a cui demandate nascostamente la difesa dei vostri interessi dagli schermi televisivi, COSA VOLETE ancora da noi povera gente, dal 99% dell'umanità? Il nostro sangue, i nostri soldi, il nostro lavoro, il nostro consenso? Non avrete niente di tutto questo...Ora provate pure ad ammazzarci tutti!

Video: gli italiani festeggiano le dimissioni di Berlusconi

LA COPERTINA - di Luca Bertazzoni e Dina Lauricella - della terza puntata di 'Servizio Pubblico', il nuovo programma online di Michele Santoro (17/11/2011).

La cronaca della notte, tra il 12 e il 13 novembre 2011, delle dimissioni di Silvio Berlusconi. I ministri e gli onorevoli del Pdl fuggono dai palazzi evitando le domande, Silvio Berlusconi sale al Quirinale, mentre la gente scende in piazza festeggiare. "E' una grande felicità!", "Il popolo italiano ritrova la propria dignità", "Finalmente l'Italia s'è desta!", questi i commenti della folla.



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Commenti:

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Fuga Radioattiva da Budapest: rischi per l’Italia


Una nuvola radioattiva di Iodio 131 si trova sui cieli di mezza Europa. Il rilascio sarebbe avvenuto per circa un mese. Dopo diverse ricerche l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Iaea) ha finalmente identificato la causa di questo Iodio 131.

“Molto probabilmente l’emissione proviene dall’Istituto degli Isotopi di Budapest, che produce radioisotopi per la salute, la ricerca e per applicazioni industrialidi, in Ungheria”.

L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica era stata avvisata di questo Iodio 131 dalle autorità della Repubblica Ceca circa una settimana fa.

In una recente nota l’Iaea afferma che i livelli di I-131 sono bassi. Per circa un anno si riceverebbe una dose di 0,01 microsieverts e radioattività naturale di 2.400 microsieverts.

Ora tutti si chiedono ma quali sono i rischi per l’Italia? Il nostro Paese corre qualche pericolo?

Per ora non si sa nulla. L’AIEA afferma: “E’ in corso un’inchiesta sulle cause che hanno portato al rilascio dell’elemento nell’atmosfera. Come accennato in precedenza, i livelli di I-131 che sono stati rilevati in Europa sono estremamente bassi. Non vi è alcun problema di salute alla popolazione”.


Fonte

Lo stupro silenzioso della gioventù

di Christine De Pointe Du Lac

Ho recentemente finito di leggere un libro di Armando Matteo intitolato “La prima generazione incredula, il difficile rapporto tra i giovani e la fede”. Al di là del discorso – peraltro molto interessante – sul necessario cambiamento di cui ha bisogno la nostra beneamata Chiesa, vorrei condividere con voi alcuni spezzoni, che a mio avviso riassumono una delle tesi più interessanti del libro: viviamo in una “società della pietra filosofale”, dove si vuole essere giovani a tutti i costi, e a causa di questo vengono svantaggiati i giovani stessi.

E’ sotto gli occhi di tutti: il potere è in mano ai vecchi. La politica è diventata un universo talmente lontano ed estraneo che ce ne disinteressiamo completamente. Ce l’hanno fatta. Ci stanno spersonalizzando, ci vogliono spremere con la loro industria, vogliono annullare il nostro amore per la conoscenza. Vogliono macchine, meccaniche mucche da mungere a vita per pagare la loro pensione. Ricordatelo: è l’istruzione a cambiare le cose. E guardatelo in faccia: un sistema educativo che non funziona, con tempi troppo lunghi, sconnesso dal mondo lavorativo, fatto per gli insegnanti e non per gli studenti.

Insomma, una parassitizzazione dei giovani.

Perché anche quando comprate i vostri cazzo di vestitini firmati, sì, anche quello è sfruttamento!

Per chi non l’avesse ancora fatto, si svegli fuori, o si sveglierà già morto.

“ […] Quello attuale è poi un universo culturale che risulta prigioniero del culto della giovinezza e dell’incensante corsa verso di essa, alimentata da un’industria dal profilo tecnologico avanzatissimo, il che spinge la sua componente adulta a nutrire nei confronti di quella giovanile un autentico risentimento per l’effettivo vantaggio di quest’ultima nell’impossibile competizione. E’ sulla base di questi elementi che si comprende pure la scarsa attenzione infine prestata alle autentiche prerogative dei giovani, origine ultima di un’emergenza educativa  […]. ”

E vi lascio con delle domande, sempre tratte dal libro.

“ […] Si può andare oltre questa semplice analisi e previsione? Vi è ancora spazio per una profezia possibile, cioè per un discorso sul e al futuro diverso? […] Troverà il coraggio della denuncia di un mondo adulto eccessivamente malato di protagonismo, avidamente seduto su se stesso, parzialmente depravato e corrotto, sicuramente accecato e succube delle sue stesse illusioni? Saprà trovare il coraggio di una prossimità interessante e interessata verso questa generazione incredula e di una battaglia – culturale, si intende – perché essa veda pure sbloccate le sue qualità sottratte? […]”

Pensateci.

Sapete cosa è tutto questo?

L’omicidio quotidiano della verità.

(frase tratta dal bellissimo film “Into the Wild”)

10 giugno, 2011  - Fonte

giovedì 17 novembre 2011

Una sprintada por Los Cinco

Holguín, Cuba, 16 nov 2011 - VII Coloquio Internacional por la Liberación de los cinco héroes y contra el terrorismo.

Lettera dall'Argentina


Monicelli disse che, purtroppo, in Italia la Rivoluzione non c'è mai stata. Gli angloamericani hanno messo fine al fascismo, non gli italiani. La BCE ha cacciato Berlusconi, non gli italiani e neppure un'opposizione collusa e di cartapesta. I nuovi padroni hanno sempre sostituito i vecchi in questo Paese di servi. Forse ora, almeno una volta nella nostra Storia, potremmo tentare di liberarci da soli. Questa lettera dall'Argentina è un messaggio di speranza. 

"Caro Beppe, cari tutti,
da piccola mio padre mi raccontava, e io la sognavo, l’Italia. La vostra meravigliosa penisola e il Mediterraneo erano per noi non soltanto la culla, insieme con la Grecia, della civilizzazione occidentale: per il 40% della popolazione dell’Argentina l’Italia era la Madre Patria. Ci chiedevamo perché dovessimo parlare lo spagnolo, con cui non avevamo niente a che fare. I nostri genitori compravano – delle volte con fatica – riviste italiane come la Domenica del Corriere, e noi bambini guardavamo le vignette “Senza parole” cercando di capirle, intanto ascoltavamo Iva Zanicchi cantare “Fra noi”. In buona parte del mio Paese i cognomi sono esattamente i Vostri.

Circostanze fortuite fecero sì che venissi in Italia da ragazzina, volando sola dagli zii e che, subito dopo, ci fosse in Argentina il golpe del ’76. Mio padre decise che era meglio che restassi in Italia. E cosi fu. In Argentina tornai nell’83 dopo una frase di mio cugino di Baudenasca (Pinerolo), che guardandomi soffrire in una crisi di nostalgia mi disse: “Generazione che emigra é generazione perduta”. Scelsi allora che la mia casa sarebbe stata per sempre l’Argentina. Comunque l’Italia é nel mio sangue e nel mio cuore, tanto da portarne la Carta d’Identitá nel portafoglio insieme con il mio Documento Nacional de Identidad. Seguo quindi le questioni italiane da sempre, guardo Rai International come tantissimi argentini, la piú vasta popolazione d’origine italiana in un Paese estero, anche se l’Italia ci ha spesso ignorato. 

Ho assistito sbalordita a molte vicende italiane degli ultimi anni cosí come alle avventure del Vostro Cavaliere. In Argentina, quelli che voi chiamate i “poteri forti”, non avendo potuto rialzarsi nonostante il golpe e la dittatura, si inserirono nel governo Menem, corrompendolo e travolgendolo sin dall’inizio. Per poco non riuscirono. Va peró detto che dopo Menem siamo riusciti a reagire e quando, con il governo dell’Alianza di De La Rua, vollero darci il colpo finale, la popolazione nelle piazze lo forzó a rinunciare e se ne dovette andare. Non sono stati loro, i “poteri forti”, a cacciare chi era disposto a fare le riforme che vi dicono ora che “ci vogliono” e che un governo da voi eletto non puó fare perché “impopolari”. Siamo stati noi, i cittadini nelle strade, a cacciarlo via nonostante fossimo confusi perché ci tenevano come voi con le spalle contro il muro, attanagliati dai titoli a caratteri cubitali sui giornali con il “Riesgo País” (il vostro “Spread”) che ci avrebbe portati tutti all’inferno se non prendevamo la cicuta. 

Il dilemma era uguale a quello che é posto a voi e ai greci "Se non volete morire ammazzati, suicidatevi poco a poco". La legge di “Flessibilizzazione del lavoro”, approvata dal governo De La Rua pagando i senatori, fu derogata. I contributi (persino quelli), che erano stati privatizzati e consegnati ai “Fondi Pensione”, sono stati recuperati dallo Stato. Il PBI (prodotto interno lordo, ndr) argentino, che nell’anno del default andó giú strepitosamente (-11% nel 2002), cominció subito a crescere ad una media dell’8-9% annua sin dal 2003 e chiuderá il 2011 con una crescita del 7% nonostante la crisi internazionale. Centinaia di ricercatori tornano in Argentina grazie al programma “Radici” del governo; il budget per la pubblica istruzione (dichiarata “bene pubblico” per legge) è passato da meno del 2% del PBI (2001) al 6,5%.

Al “libero commercio” voluto dagli Stati Uniti per il continente americano i nostri Paesi hanno detto no, per volontá di quei presidenti che godono del piú vasto consenso dei loro cittadini e che vengono spesso scherniti dal “Primo Mondo”. Per i media globali Chavez, ad esempio, é un pagliaccio. Cristina, una “populista” che pensa solo a comprare scarpe e borse costose. Evo Morales, un “selvaggio” e cosí via. Stereotipi per screditare i nostri governi perché stiamo resistendo ai “poteri forti”. Cresciamo, abbiamo volontá e fiducia e passione, anche se sappiamo benissimo – perché l’abbiamo imparato a sangue e fuoco – con chi abbiamo a che fare e nonostante loro continuino ad avere qualcuno tra di noi che fa da servo piú o meno ben pagato. Volevo dirvelo, perché l’Italia e gli italiani mi stanno a cuore, perché ho mezza famiglia in Italia. Non lasciatevi portare cosí al macello, non svendete l’Italia. Se non ce la fate Voi, vincono loro. Piú vincono loro, piú siamo tutti a rischio." (Lili A., Santa Rosa La Pampa Argentina)

Fonte: http://www.beppegrillo.it/2011/11/lettera_dallargentina/


IL COMMENTO:

"Una bella lettera, e interessante. Ma ora mi chiedo: è possibile applicare alla nostra Italietta la soluzione di un grande paese come l'Argentina? La nostra appartenenza all'Unione Europea non complica le cose? E se usciamo, siamo sicuri che il nostro Stato da solo possa sopravvivere alla voracità del capitalismo globale? Ho dei forti dubbi. Per questo penso che dobbiamo innanzitutto lavorare perchè trionfi, a livello globale, un sistema politico-economico diverso, maggiormente basato, per capirci, su concetti di equità sociale vicini al marxismo, o se vogliamo, al movimento degli Indignati. Solo così saremmo in grado di uscire da questa crisi senza l'aiuto dei cosidetti 'poteri forti'. In caso contrario, sono pessimista che si produca in Italia un vero cambiamento con le sole armi della protesta pacifica. E' triste dirlo, ma va messo in conto il rischio di lasciarci la pelle in una lotta che potrebbe anche rivelarsi inutile alla fine se, di pari passo ad una lotta interna, non costruiamo anche una comune politica europea. Insomma, l'obiettivo dovrebbe essere la costruzione di una casa (e causa) comune europea partendo dal basso, poichè un'Europa dei cittadini si avrà solo quando belgi, finlandesi, francesi, tedeschi, italiani, irlandesi si sentiranno idealmente vicini, e non solo geograficamente, se saranno uniti in una comune lotta, in un comune impegno politico. Il cammino verso una vera identità europea è ancora lungo purtroppo, ma se vogliamo sentirci europei fin da adesso, e non solo sulla carta, dobbiamo cominciare a smuovere le idee, le coscienze e le comodità su cui per troppo tempo si sono accomodati i cittadini del vecchio continente." (Giorgio Santi)

mercoledì 16 novembre 2011

Carrera política de Silvio Berlusconi

15/Nov/2011

Silvio Berlusconi , el magnate de las comunicaciones, quien fuera primer ministro italiano en tres ocasiones. Su trayectoria política está marcada por presuntas conexiones con la mafia, fue imputado en 5 procesos judiciales por abuso de poder, prostitución de menores, soborno, fraude fiscal y corrupción. teleSUR



Italiani, l'abbiamo scampata bella stavolta...Mai più uno come Berlusconi al potere in Italia! Non abbassiamo la guardia!

lunedì 14 novembre 2011

"I molti siamo noi" - Makana - SUB ITA

We Are The Many - Lyrics and Music by Makana - Makana Music LLC © 2011



Una bellissima canzone! Pubblico di seguito la mia traduzione interpretata, ovvero cantabile, della lyric (con adattamento dei versi alla ritmica e cercando di conservare la posizione delle rime). Enjoy it!

I molti siamo noi

Venite qui, attorno a questo palco
È il tempo d'esprimere la rabbia
C'è chi ci ha intrappolato in una gabbia
Per rubarci il valore del salario

Da sotto le vestigia della legge
La lobby dentro Washington rosicchia
In libertà il burocrate ridacchia
Siam qui per far sparire questa macchia

Occuperemo strade
Le aule dei tribunali
Occuperemo i vostri uffici vuoti
Basta giochi!
Agli ordini dei molti, non dei pochi

La nazione sul diritto è costruita
D'ogni singolo a elevare la sua meta
Ma i pochi le norme hanno riscritto
E il doppio ora possiedono di tutto

Possiedono e non hanno vincoli
Rinchiusi dentro i loro circoli
La loro influenza detta legge
Fermiamoli o saremo il loro gregge

Occuperemo strade
Le aule dei tribunali
Occuperemo i vostri uffici vuoti
Basta giochi!
Agli ordini dei molti, non dei pochi

I vostri monopoli difendete
Con le armi immolando i nostri figli
Saccheggiate sfoderando i vostri artigli
Beni pubblici e la gente non ha niente

Ascoltate il nostro avviso e correggete
Noi da perdere abbiam poco, lo sapete
A vuote frasi siamo indifferenti
La protesta sta aumentando, state attenti

Occuperemo strade
Le aule dei tribunali
Occuperemo i vostri uffici vuoti
Basta giochi!
Agli ordini dei molti, non dei pochi

L'un contro l'altro non ci metterete
Dal nostro sguardo voi non sfuggirete
La negazione amplifica la lotta
E la nostra fedeltà sarà incorrotta

Il governo non accetti condizioni
Alle banche non si paghino cauzioni 
Nessun premio a quelle che stan per fallire
Resteremo fino all'ultimo a vegliare

Occuperemo strade
Le aule dei tribunali
Occuperemo i vostri uffici vuoti
Basta giochi!
Agli ordini dei molti, non dei pochi

Occuperemo strade
Le aule dei tribunali
Occuperemo i vostri uffici vuoti
Basta giochi!
Agli ordini dei molti, non dei pochi

I molti siamo noi
Voi siete i pochi

(traduzione a cura di Giorgio Santi)

--------------------------------------------

Testo originale in inglese:

We Are The Many

Ye come here, gather 'round the stage
The time has come for us to voice our rage
Against the ones who've trapped us in a cage
To steal from us the value of our wage

From underneath the vestiture of law
The lobbyists at Washington do gnaw
At liberty, the bureaucrats guffaw
And until they are purged, we won't withdraw

We'll occupy the streets
We'll occupy the courts
We'll occupy the offices of you
Till you do
The bidding of the many, not the few

Our nation was built upon the right
Of every person to improve their plight
But laws of this Republic they rewrite
And now a few own everything in sight

They own it free of liability
They own, but they are not like you and me
Their influence dictates legality
And until they are stopped we are not free

We'll occupy the streets
We'll occupy the courts
We'll occupy the offices of you
Till you do
The bidding of the many, not the few

You enforce your monopolies with guns
While sacrificing our daughters and sons
But certain things belong to everyone
Your thievery has left the people none

So take heed of our notice to redress
We have little to lose, we must confess
Your empty words do leave us unimpressed
A growing number join us in protest

We occupy the streets
We occupy the courts
We occupy the offices of you
Till you do
The bidding of the many, not the few

You can't divide us into sides
And from our gaze, you cannot hide
Denial serves to amplify
And our allegiance you can't buy

Our government is not for sale
The banks do not deserve a bail
We will not reward those who fail
We will not move till we prevail

We'll occupy the streets
We'll occupy the courts
We'll occupy the offices of you
Till you do
The bidding of the many, not the few

We'll occupy the streets
We'll occupy the courts
We'll occupy the offices of you
Till you do
The bidding of the many, not the few

We are the many
You are the few

Download song for free here: http://makanamusic.com/?slide=we-are-the-many

Entornos naturales de Cuba, su principal atractivo turístico

El turismo es uno de los sectores que se prioriza en Cuba. La mayor parte de los turistas que ingresaron al país en lo que va del año estaban interesados en la naturaleza de la isla. teleSUR

Miles de personas marchan en Caracas en apoyo a Chávez

domingo, 13 de noviembre de 2011
   
Militantes de 32 mil organizaciones de Venezuela participaron este domingo en Caracas de la primera marcha convocada por el Polo Patriótico para apoyar al presidente de ese país, Hugo Chávez, de cara a las próximas elecciones generales. El recorrido concluyó cerca del palacio presidencial, donde el mandatario ofreció un discurso y aseguró que 60 de cada 100 venezolanos respaldan su reelección. teleSUR


domenica 13 novembre 2011

Game over: la fine del paese dei balocchi




E' caduto il siparietto del 'nuovo miracolo italiano' e ora inizia una fase nuova, quella della ricostruzione. Ciò che rimane di buono sotto le macerie del berlusconismo viene da un lontano passato: è la consapevolezza che ciò che si costruirà in futuro sarà frutto del lavoro e della fatica di tutti, e quindi sarà di tutti! Le bellezze del mondo non possono essere appannaggio di pochi privilegiati ma, a turno e gratuitamente, di tutti coloro che se ne prendono cura!

Per la prima volta dopo 17 anni, l'Italia ha fatto un passo avanti vero: s'è risvegliata dal coma sotto gli occhi del mondo. I brindisi, gli sfoghi, le espressioni di gioia ed entusiasmo della folla riunitasi ieri sera a Roma in Piazza Montecitorio, non possono essere ridotti ad una mera condanna di Berlusconi e dell'operato del suo governo, cosa che sembra fare oggi Alfano ed alcuni esponenti dell'ex maggioranza e che così facendo sbagliano analisi. Gli esponenti del Popolo delle Libertà dicono di essere amareggiati, ma in realtà non hanno argomento validi di fronte all'immagine di una folla che festeggia la caduta di Berlusconi, di fronte al risveglio collettivo di tante coscienze che pensavano d'avere definitivamente addormentato con la loro dialettica retorica e manipolativa, un crudo risveglio anche il loro dopo l'illusione di cui si sono alimentati negli ultimi 17 anni, d'essere i salvatori della patria contro il pericolo 'stalinista' (lo dico in senso ironico) rappresentato dai vari Bersani, Vendola e Di Pietro. Di fronte a quella folla irridente e festante, la consueta demagogia populista di Alfano e compagni si annulla: non possono certo accusare ora il popolo sovrano, al quale si sono tante volte appellati, di ribaltonismo!

La caduta del 'caimano' è stata soprattutto una 'liberazione' ideologica e psicologica per il popolo italiano, quasi un rito di passaggio, un momento di crescita interiore e collettiva. Finalmente è maturato quello scollamento generazionale che tanto aspettavamo, tra il paese reale e il paese dei balocchi. Un paese che è passato dalla miseria del secondo dopoguerra al mito del successo e dell'arricchimento personale nel giro di tre generazioni, cresciuto in maniera scomposta e disomogenea durante i boom economici degli anni '60 e '80, che ha fatto del liberismo di Smith e del neoliberismo di Rothbard il suo credo, che ha idealizzato il posto fisso e il guadagno sicuro come unici ascensori sociali, svilendo del tutto il valore della meritocrazia come mezzo privilegiato di realizzazione personale; sono queste le idee di riscatto sociale che hanno monopolizzato i sogni degli italiani da almeno mezzo secolo a questa parte.

Oggi non finisce il sogno ma solo la fiaba dell'Italia settima potenza economica mondiale, un paese esistente solo nella testa d'una ristretta elite politico-imprenditoriale e di qualche milione di inconsapevoli (e per questo felici) consumatori da essa manipolati, un paese sognato, idealizzato ma mai realizzato, per l'effettiva impossibilità di farlo nelle condizioni di ristrettezza materiale in cui si trova il paese. C'è un'enorme differenza tra progetti e sogni, tra sogni e chimere, e noi ora abbiamo innanzitutto il dovere di essere realistici.

E' la fine di un certo tipo di Italia da copertina, di un paese vissuto al di sopra delle proprie possibilità e che già negli anni '80 veniva ammonito laconicamente da un politico tedesco con le seguenti parole: "Italiani sbruffoni e truffaldini, andate avanti così, tanto non farete molta strada". E aveva ragione. E' la fine di un'idea di Belpaese figlia dell'ubriacatura del mini-boom economico degli anni '80, un decennio che ha visto la vittoria dell'Italia ai Mondiali e il consolidamento delle borse, che ha teorizzato l'ineluttabilità della competizione e giustificato l'onnipresente propaganda filoamericana nel nostro paese al solo scopo di ricavarne buoni affari, credendo in una diffusione senza limiti del suo vincente modello capitalistico. Un decennio duro a morire, caratterizzato in Italia soprattutto dall'emergere dell'impero economico di Silvio Berlusconi, in cui si respirava un clima di rinato sentimento patriottico e di velato ottimismo, quello che diede il via ad una spesa sconsiderata, senza controllo, origine e causa prima del debito pubblico stratosferico che grava attualmente sul nostro paese.

Era come se l'Italietta borghese di allora si identificasse totalmente con gli States, nei film holliwoodiani degli anni '30, in una sorta di ubriacatura mediatica, era come se gli italiani si riconoscessero concittadini della maggiore superpotenza economica mondiale, in un processo perverso di identificazione collettiva. In quegli anni, e anche in seguito, abbiamo tutti pensato erroneamente di poter trasformare l'Italia in un paese benestante, moderno e dall'economia fiorente, mentre invece la nostra era solo un'economia drogata dal debito e l'ottimismo era solo apparente, quasi forzato, trascinatosi per inerzia anche nei decenni successivi, in una sorta di dipendenza euforica da spesa compulsiva e da un benessere indotto artificialmente. Fu del tutto illusorio pensare che sarebbe durata.

Eppure ora, dalle ceneri di quell'autoinganno, può iniziare una nuova grande sfida per il nostro paese, come per l'umanità intera, quella della politica dal basso, della costruzione del bene comune universale, del riconoscimento di ogni essere umano alla luce di valori e ideali comuni, solidarietà, amore, conoscenza, al di la dei particolarismi. La diversità è fonte di ricchezza, di contributi originali e non di contrapposizioni dettate dall'avidità e dall'ideale della competizione. La strada è ancora lunga lo so, ma insieme, con tutto il mondo unito in un solo fondamentale intento, ce la possiamo fare. Parola d'ordine: dare il proprio contributo, perchè ogni singolo mattone serve a reggere l'intera casa.

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